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Cambiare l’Europa per cambiare l’Italia

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Barbara Spinelli sviluppa gli argomenti su Mon-TINA!.

L’agenda Monti “non è chiaro cosa significhi per l‘Europa, presentata come suo punto più forte. Punto forte, ma stranamente sfuggente… Lo stesso titolo dell’Agenda tradisce l’assenza di un pensiero che si prefigga di curare alle radici i mali presenti. “Cambiare l’Italia, riformare l’Europa” promette … in Europa una diplomazia … senza voli alti, senza i radicalismi prospettati in patria. Se Monti avesse voluto davvero volare alto… avrebbe dato all’Agenda un titolo meno anfibio…: non riformare, ma “cambiare l’Europa per cambiare l’Italia”.

La formula prescelta è in profonda contraddizione con l’analisi cupa di una crisi che ha spinto… tanti paesi su quello che…  vien chiamato orlo del baratro. Una crisi che continua a esser vista come somma di politiche nazionali indisciplinate; mai come crisi – presa di coscienza autocritica – del sistema Europa, moneta compresa. È come se contemplando un mosaico l’occhio fissasse un unico tassello, senza vedere l’insieme del disegno. I problemi che abbiamo, questo dice l’Agenda, ciascuno ha da risolverli a casa dentro un contenitore – l’Unione – che essenzialmente funziona e al massimo va corretto qui e lì… come prescrive l’ortodossia tedesca. Manca il riconoscimento che stiamo vivendo una crisi economica, politica, sociale dell’Unione intera…

Unici impegni concreti sono il pareggio di bilancio e la riduzione del debito pubblico in Italia: dunque la nuda applicazione del Fiscal compact, corredato fortunatamente da un reddito di sostentamento minimo e forme di patrimoniale. Certo, fare l’Europa è anche questo… Quel che si nasconde, tuttavia, è che non esistono solo due linee: da una parte Monti, dall’altra i populismi antieuropei. Esistono due europeismi: quello conservatore dell’Agenda, e quello di chi vuol rifondare l’Unione, e perfino rivoluzionarla. Tra i sostenitori di tale linea ci sono i federalisti, i Verdi tedeschi… molti parlamentari europei… le sinistre…

[Costoro] hanno una visione più tragica, meno liberista-tecnocratica: non saranno il Fiscal compact e il rigore a sormontare i mali dell’ineguaglianza, della povertà, della disoccupazione, ma una crescita ripensata da capo… L’Agenda è fedele al più ortodosso liberismo: tutto viene ancora una volta affidato al mercato, e l’assunto da cui si parte è che finanze sane vuol dire crescita, occupazione, Europa forte: non subito forse, ma di sicuro. Immutato, si ripete il vizio d’origine dell’Euro. Quanto all’Italia, ci si limita a dire che il rispetto riguadagnato in Europa dipenderà dalla sua credibilità, dalla sua capacità di convincere gli altri partner. Convincere di che? Non lo si dice.

L’idea alternativa a quella di Monti è di suddividere i compiti. Visto che gli Stati, impoveriti, non possono stimolare sviluppo e uguaglianza. … che sia l’Unione a assumersi il compito di riavviare la crescita… L’idea di un New Deal europeo … non sembra attrarre Monti.

Qui la Spinelli continua in modo meno convincente: le soluzioni sono sempre un’Europa dei trasferimenti. Sfugge a molti commentatori ‘politici’ che basterebbe assimilare la governance monetaria europea a quella degli altri paesi occidentali, e coordinare le politiche fiscali e salariali in senso anticiclico, per superare la crisi.

Ma poi aggiunge:

“Perché l’Agenda vola così basso? Perché… la moderazione del centrista ‘è quella che modera le altrui aspettative e l’altrui livello di vita. Modera la nostra fiducia nel futuro’ … è la fuga dalle contrapposizioni anche aspre che sono il lievito della democrazia… L’unione sacra che Monti preconizza da anni idoleggia l’unanimità: proprio quel che sempre in Europa produce accordi minimalisti. Non è un inevitabile espediente… ma il finale e migliore dei mondi possibili. Quest’uomo non sa che la storia è tragica”… Un esempio è il modo in cui pensa di risolvere la questione Vendola, espellendolo dall’union sacrée perché le sue idee “nobili in passato, sono perniciose oggi”. Quel che il Premier non sa, è che Vendola impersona la questione sociale che fa ritorno in Occidente, assieme alla questione dei diritti e di un’altra Europa. Quel che pare ignorare, è che pernicioso non è Vendola. È il malessere che egli denuncia. Della sua voce abbiamo massimo bisogno…

Il che ci porta a Bersani. Che – a differenza di Monti – è in grado di aprire alle proposte tedesche (‘cessioni di sovranità’ per garantire rigore), perché ha qualcosa da chiedere in cambio: che l’Europa rilanci la crescita, e il rigore sia anticiclico. Come ho già spiegato (1, 2, 3), questa è la civiltà economico-finanziaria conquistata attraverso secoli di tentativi e costosi errori, che Monti, Draghi, e i liberisti stanno cancellando.

Sul piano politico, resta da vedere se Bersani farà proprio, ed articolerà, lo slogan: “Cambiare l’Europa per cambiare l’Italia”; oppure sceglierà la sottomissione culturale a Mon-TINA per miopi calcoli elettorali. In Giappone i liberali (non i bolscevichi) hanno appena vinto una campagna elettorale incentrata sulla critica alla banca centrale. Per dire che certe macro-politiche europee decisive per i nostri destini si possono e si devono discutere! E chi lo facesse probabilmente prenderebbe tanti voti. Purtroppo, lo ha capito finora solo Berlusconi. 


Financial Times: “Monti non è adatto a guidare l’Italia”

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Scrive il Financial Times:

“La crisi economica in Italia si aggrava… Non passa giorno senza una novità sull’inasprimento del credit crunch o della disoccupazione, sulla caduta dei consumi, della produzione, o della fiducia delle imprese. Ancora una volta, un governo europeo ha sottovalutato le conseguenze dell’austerità…”

“L’Italia ha ora tre opzioni. La prima è restare nell’Euro… ed assumersi da sola tutto il peso dell’aggiustamento fiscale e competitivo… La seconda è restare a condizione che l’aggiustamento intra-Europeo sia condiviso” dai paesi che hanno un forte surplus commerciale… “La terza è uscire dall’Euro…”

Mario Monti non ha tenuto testa a Angela Merkel. Non ha detto al Cancelliere tedesco che la permanenza del suo paese nell’Eurozona dipendeva dalla realizzazione di … un’adeguata unione bancaria… e… politiche economiche espansive a Berlino… La settimana scorsa Mariano Rajoy, il Primo Ministro spagnolo, ha chiesto che lo sforzo dell’aggiustamento sia simmetrico… Troppo tardi: la Germania sta già progettando un nuovo round di austerità per il 2014…”

“Tutto ciò, in che situazione lascia l’Italia alla vigilia delle elezioni? Da Primo Ministro, Monti … ha alzato le tasse… Le sue ‘riforme strutturali’ si sono dimostrate macroeconomicamente irrilevanti. Ha esordito da tecnico, ma ora è diventato un politico duro. Racconta di aver salvato l’Italia dall’abisso… la discesa degli spread sembra confermare questa versione dei fatti: ma la maggioranza degli italiani sa che la caduta degli spread la si deve (1 , 2) a un altro Mario (Draghi)…”

“A sinistra, Bersani ha appoggiato l’austerità; ora sembra voler prenderne un po’ le distanze… Fa campagna sulla ri-modulazione dell’IMU, contro l’evasione fiscale e il riciclaggio del denaro, e a favore dei diritti dei gay. Dice di voler tenere l’Italia nell’Euro: ha forse qualche minima probabilità in più di contenere Angela Merkel, grazie ai suoi rapporti con Hollande e i socialisti europei…”

“A destra, Berlusconi … sta facendo una buona campagna elettorale… Ha mandato un chiaro messaggio contro l’austerità… critica la Germania, per la sua riluttanza ad accettare gli eurobond, e consentire alla BCE” una difesa più decisa dei titoli pubblici italiani…. “Ma purtroppo, conosciamo bene Mr. Berlusconi… é stato Primo Ministro abbastanza a lungo… Se vuole tornare a essere credibile, deve mettere sul tavolo una strategia chiara indicando nel dettaglio le scelte che intende fare. Abbiamo finora, al contrario, solo vagiti televisivi.”

“In base agli ultimi sondaggi, l’Italia dopo le elezioni sarà bloccata dai veti reciproci… nessuno avrà la forza di portare avanti una politica coerente… Se sarà così, l’Italia continuerà ad arrancare, pretendendo di avere fatto una scelta ‘pro-euro’, ma senza creare le condizioni per rendere questa scelta sostenibile… Quanto a Monti … la Storia lo giudicherà un novello Heinrich Brüning, il Cancelliere della Germania dal 1930 al 1932. Anche lui faceva parte di quell’establishment che sosteneva che non c’erano alternative all’austerità.”

“L’Italia ha ancora qualche strada aperta davanti a se: ma deve imboccarla in fretta.”

I lettori abituali avranno notato che tutte queste posizioni, ora proposte dal FT, sono già state presentate in questo blog. Non è solo l’economia: anche i saldi di finanza pubblica sono vittima di queste politiche. Che consentiranno di sostenere che il welfare è insostenibile… C’è però amarezza per le candidature di Vendola, Ingroia, e Grillo: vorrebbero essere alternativa al Montismo, ma non pare abbiano candidato economisti in grado di articolare l’alternativa. E no, non è un problema personale.

Ps: un lettore segnala la candidatura di Vladimiro Giacché con Ingroia. Prendo atto con gioia. Altri?

 

Berlusconi, il fascismo, e la Costituzione

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C’è il poliziotto cattivo, e c’è quello buono.

Per un quindicennio, soloni presunti moderati hanno avallato i tentativi di Berlusconi e del Pdl di imporci un regime videocratico semi-autoritario, piegando tutti i poteri costituzionalmente indipendenti. Alla faccia dei check and balance, essenza di ogni autentica democrazia. Annuivano, quando lui diceva: l’eccesso di controlli frena l’azione riformatrice del governo, mentre le cricche senza controllo derubavano lo Stato. Ci spiegavano impazienti, come si fa a dei bambini disubbidienti, che in un paese normale gli avversari politici si offrono un reciproco riconoscimento morale e di legittimità politica. Lodavano i tentativi del rassemblement berlusconiano di ‘modernizzare’ la Costituzione.

Ora Berlusconi chiarisce in modo inequivocabile cosa pensa del fascismo, e qual’è la sua ispirazione. Bene, viva la chiarezza. Noi avevamo capito, voi no. Qual’è la risposta dei paesi normali, compresi i settori di centrodestra? “Berlusconi ha violato valori e convinzioni comuni dell’Europa…Con chi parla così non ci si siede a un tavolo.” (Michael Stuermer). Dove sono ora gli intellettuali che pontificavano sul Corriere della Sera, nei talk show, i Galli della Loggia, i Panebianco, i maestri di democrazia, che ammiccavano al nuovo para-fascismo vincente, mentre noi sacrificavamo le nostre carriere, i bilanci familiari, per cercare di fermare chi calpestava i “valori comuni” della civiltà occidentale?

Ma io temo di più il poliziotto buono. Proprio ieri, con meraviglioso tempismo, Gianfranco Fini ha rilasciato questa dichiarazione: “Siamo oltre il 20%… Ci prepariamo ad indire una nuova Costituente”. Eh già, cari Mascia e Lerner, il punto non è tanto ‘espellere’ il poliziotto cattivo perché è sincero. Il punto è…che il fascismo non ha contribuito alla Costituzione della Repubblica: ha perso, e non ci sta. Perciò è sempre lì che gira intorno al nostro patto costituente, in attesa dell’occasione propizia. Per fare cosa? Per inoculare nella Costituzione le sue concezioni autoritarie, anti-sindacali, anti-liberali, contro la società aperta. Si nasconde nel “Centro” di Monti e, così ripulito chiama l’autoritarismo ‘efficienza’ e ‘modernizzazione’. Si appropria dei temi dell’anti-politica, e così indignato infila dietro ‘la riduzione dei parlamentari’ la riduzione degli equilibri democratici.

Lungo la strada trova tanti utili idioti. Casini, Veltroni… La Costituente!? Non sanno costoro che una Costituente si convoca solo per sancire una grande impennata morale collettiva, come avviene dopo una rivoluzione, dopo una guerra civile, dopo un cataclisma, come fu la seconda guerra mondiale. In cui decine di milioni di persone diedero coscientemente la vita per un’idea precisa di libertà e di partecipazione. Ora questi quattro politici screditati, sotto la spinta di un altro partito semi-razzista e localista, vogliono cambiare l’idea morale di convivenza emersa da WW2, e convocare una Costituente? Quando misero le mani sulla legge elettorale ispirata dai cittadini (tramite referendum), fecero una porcata. Che farebbero ora? Con tutti i problemi concreti che abbiamo, non trovano nulla di meglio che avanzare proposte laceranti?

Non sono ancora riusciti a cambiare la Costituzione formale, però l’hanno parecchio svuotata (con cospicui aiuti della partitocrazia tutta). Se i democratici italiani, oltre a indignarsi con Berlusconi, volessero fare qualcosa di utile, dovrebbero mettere in campo delle idee e una strategia, innanzitutto, per attuarla, la Costituzione. Come ho fatto io, se permettete, alle primarie del PD del 2007. Tanti articoli della Carta sono ancora (!) lettera morta, per mancanza delle leggi attuative. E non parlo degli articoli ‘programmatici’, come il lavoro per tutti, magari!, ma dei diritti umani, civili, e politici: della nostra libertà! Un esempio? L’Art.49 sulla democrazia nei partiti.

Anche l’idea di fare piccole modifiche alla Costituzione è pericolosa, fintantoché gli eredi culturali del fascismo non accetteranno la sconfitta, non faranno pace con la Costituzione, e non volteranno pagina. E sì che la Costituzione avrebbe bisogno di manutenzione. Non modificare (surrettiziamente) i suoi principi fondamentali, ma applicarli alla luce degli sviluppi moderni. Un esempio? Il pluralismo oggi deve essere applicato anche ai mass media. Un altro esempio? Le Autorità Garanti (nel 1948 non c’erano) devono essere sottratte alla politicizzazione. E via di seguito.

Monti sta sdoganando per la seconda volta Fini. E Fini come ricambia? A me, se devo dirlo, è piaciuta l’evoluzione negli anni di Fini verso orizzonti di maggiore civiltà. Ma questa evoluzione non sarà credibile finché non accetterà la nostra Costituzione. Ora Monti non può tacere: davvero la sua formazione si appresta a cambiare la Costituzione, in caso di vittoria elettorale? E noi elettori, non avremmo il diritto di saperlo?

L’impasse di Bersani

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“Il tuo problema è l’economia, stupido!” E in economia, mi spiace, ma la posizione di Berlusconi è assolutamente corretta: “O vinciamo nel braccio di ferro con la Germania, o usciamo dall’Euro”. La risposta di Bersani: “No a facili battute sulla Germania” è vuoto pneumatico. Traduzione: il Pd non ha nessuna strategia per uscire dalla crisi. Berlusconi sì.

Riassumiamo.

  1. Le prime pagine sono piene di titoli sulla crisi, “misurata dalla distanza che separa la produzione industriale dai livello di picco del 2008, dal numero crescente dei fallimenti, dal calo di 2,1% del PIL, da quello ancor più pronunciato del reddito disponibile delle famiglie, dei consumi…”, dalla disoccupazione, dai 500.000 cassintegrati (fondi quasi finiti), dal nuovo crash del mercato dell’auto (Gennaio -18%). “Le prospettive a medio termine sono … un difficile e forse protratto periodo caratterizzato da domanda di lavoro debole e disoccupazione crescente” (Luigi Guiso, già teorico del Montismo). Su cosa si giocano le elezioni? Aspetta, fammi pensare…
     
  2. L’élite vive in una bolla dorata. La crisi non tocca gli economisti della Banca d’Italia, che sostengono le politiche di austerità, né gli alti dirigenti dei Ministeri, che sostengono: TINA!. Né i miliardari di Monti, che doveva essere il portavoce dell’Italia in Europa ma fa il portavoce dell’Europa in Italia. L’élite non ha tutta quest’ansia di cambiare strada, di provare qualcosa di nuovo.
     
  3. Europa: la disoccupazione più alta del mondo, in crescita. Disoccupazione: danno collaterale (spiacevole) di un grande progetto! ‘L’Euro… La Banca centrale più indipendente al mondo… La riduzione del welfare… Il taglio delle pensioni, della scuola pubblica, della sanità pubblica… La liberalizzazione del mercato del lavoro… la riduzione progressiva dei diritti e delle tutele sociali… Il rialzo delle tariffe dell’acqua… altrimenti non si compete con la Germania!’ Quando mai la gente accetterebbe tutto ciò, senza la crisi?. Anche perché senza la crisi il deficit pubblico sarebbe zero, il debito/pil e le tasse in calo, il welfare sostenibile.
     
  4. Ideologia. ‘Senza austerità salgono gli spread’. ‘Senza austerità la banca centrale non poteva intervenire per salvare l’Euro’. ‘Se usciamo dall’Euro ci sarà una catastrofe’. ‘Se crolla l’Euro crolla anche l’Europa’. Quattro recenti affermazioni di un alto funzionario di Bankitalia. Non suffragate da alcuna analisi. Che però trovano riflesso nel Bollettino di Gennaio, ad es. pag.40, ultimo rigo. La tecnocrazia non fa golpe: manipola, contrabbandando l’ideologia per verità scientifica. E infine Giannino: ‘welfare = sprechi = crisi’!

Ma la gente comune rischia il lavoro, se ce l’ha; ha sorelle, figli disoccupati. La gente non è contenta di come vanno le cose. Vuole cambiare strada. Sa che l’ostacolo è l’Europa. Perciò Bersani scende nei sondaggi. MPS? D’accordo, ma gli scandali infuriano di più gli elettori perché c’è una crisi irrisolta. D’altronde Berlusconi era pappa e ciccia con MPS; Monti ha candidato un dirigente dell’Istituto senese: perché solo il PD dovrebbe pagare dazio? In realtà il PD, appiattito sulle politiche di Monti, è vulnerabile, perché tradisce le sue radici socialiste e popolari: “ha smarrito la capacità di fare proposte radicali ed innovative” (Dahrendorf). Ogni giorno che passa, l’impasse di Bersani diventa più evidente.

Bersani dice che aggiungerà ‘qualcosa’ al Montismo, ma ormai si è capito: saranno spruzzi d’acqua fresca… Chanel! Andrà con il cappello in mano a Berlino per salvare le briciole dall’incendio? Dovrebbe invece trattare con una pistola in tasca. Senza bluffare: nelle società aperte, le carte le vedono tutti. Per aver possibilità di successo, bisogna essere davvero disposti a lasciare l’Euro, in extrema ratio. Bersani, negandosi a priori questa possibilità, ha già fallito.

Eppoi bisogna sapere cosa negoziare. Dov’è il Piano Alternativo in grado di sedurre l’opinione pubblica europea? Noi, queste idee le avremmo. Le uniche misure efficaci – e quanto efficaci! – adottate dall’Europa negli ultimi mesi le proponemmo nel 2011; ovviamente, prima di pubblicarle, nelle sedi istituzionali. Ma l’Europa le ha adottate solo perché costretta, in ritardo, a metà. Noi siamo paria nel PD – e vabbè – perché dal 2007 chiediamo la fine degli abusi e dei privilegi della politica. Ma molti altri saprebbero disegnare una rapida via d’uscita dalla crisi. E però, Grillo candida le massaie e ‘la gente normale’ (con quali capacità, non si sa), Ingroia si perde nel suo nobile e asfittico giustizialismo (passatemi il termine).

Perciò, come previsto, chi apprezza le attuali politiche preferisce Monti. M5S beneficia del vuoto a sinistra, che suscita protesta. Solo Berlusconi centra il punto; e pur confusamente, per slogan, privo di credibilità personale, offre rappresentanza politica alla saggezza: persino a quella di Carlo De Benedetti (‘Nella guerra delle valute la BCE non difende l’Europa’).

Scrive Amartya Sen: “L’Europa … non solo di oggi, anche quella futura … vive una brutale tragedia… a causa della inflessibilità della moneta unica … e di una filosofia immensamente contro-produttiva di redenzione attraverso l’austerità”.

Berlusconi riesce a dire queste cose, e a trarne le conseguenze. Bersani no. Riuscirà Bersani a perdere un’elezione già vinta?

Caro Giannino, anche la tua austerità è un boomerang per il debito pubblico

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Ecco qui l’ultimo articolo che ho scritto con La Malfa per il Sole 24 Ore di oggi sulla politica economica. È un articolo denso, più complesso del solito, ma leggibile. In esso spieghiamo perché, oltre a soffocare il PIL e alimentare la disoccupazione (ben al di là di quanto gli indici ancora non registrino), l’austerità di Monti, in particolare, abbia danneggiato anche le finanze pubbliche.

Il tema vero, anche in prospettiva post elettorale, è la forza straordinaria della ‘politica di bilancio’ in questa fase, e quali conseguenze vi sono per le strategie macroeconomiche. Ho l’impressione che non si tratti solo di una questione tecnica, ma anche politica: alcune forze non hanno fra le loro priorità quella di contrastare la disoccupazione, ma semmai di strumentalizzarla per imporre la propria Agenda.

§ § §

Noto che quelli di ‘Fermare il Declino’, dopo aver sostenuto per anni l’austerità e le riforme strutturali come panacea contro la crisi, ora che i pessimi risultati del modello sono evidenti, cavalcano le critiche all’austerità! Ma giocano sulle parole. Cercano di salvare capra e cavoli. A tal fine sostengono che il problema non è l’austerità (tagli e tasse), ma ‘un certo tipo di austerità’: le tasse; la ‘loro’ austerità (che loro non chiamano austerità: camouflage) sarebbe un’altra cosa. Per FARE-FID, se l’austerità contenesse più tagli allo stato sociale funzionerebbe. Ebbene, questa tesi è pura propaganda: usa la crisi per suggerire false ricette, al fine di portare avanti l‘Agenda politica di quel movimento, che è la riduzione dello Stato sociale. Tengo a precisare che si tratta di una Agenda legittima: la discussione sullo stato sociale merita di essere fatta. Chi mi conosce sa che negli anni prima della crisi mi sono battuto (assieme a alcuni di loro) per il ritorno di una vera democrazia in Italia, per la riforma del sistema politico e quindi la decimazione degli abnormi privilegi della casta, e per una ridefinizione, ri-focalizzazione e ammodernamento dello Stato sociale. Ma strumentalizzare la crisi è inaccettabile.

È bene ripeterlo: le tesi di Giannino sulla crisi non ha alcun fondamento scientifico. In una rassegna della letteratura empirica che ho fatto di recente sull’argomento, 36 studi – fra cui diversi del FMI, del governo americano, di un consulente del Governo inglese (J.Portes), dell’OCSE, ecc., quindi non dell’Internazionale Socialista – indicano che i tagli (incrementi) alla spesa pubblica hanno un impatto negativo (positivo) sul PIL che ammonta a 1-3 volte il taglio (incremento) iniziale (a seconda dei settori), mentre l’aumento (riduzione) delle tasse ha un impatto pari a 0,1-0,8 volte sul PIL (l’aumento dell’IVA ha gli effetti più depressivi, intorno a 0,7).
Un solo studio (Alesina) trova risultati inversi, ma (a parte altri problemi) riguarda periodi storici senza depressione economica, e non è applicabile alla fase attuale (v. l’articolo sul Sole).

Dal punto di vista della politica economica, se ne deduce che i tagli alla spesa pubblica vanno programmati subito (ciò darebbe maggiore credibilità all’Italia sui mercati finanziari), ma eventuali tagli al welfare andranno realizzati quando la disoccupazione sarà scesa nuovamente sotto l’8%. Le ricette di Giannino sarebbero disastrose nella fase attuale. Avrebbero effetti peggiori di quelli che ha avuto Monti. Anche io credo che ‘il lungo termine’ è importante; ma il lungo termine è fatto anche di tanti ‘breve termine’, uno appresso all’altro. 

PS: Leggete l’articolo sul Sole 24 Ore prima di commentare

Perché non voterò Fermare il declino

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Fermare il Declino è una novità: perciò merita attenzione, al di là degli infortuni… FiD non nasce da oscuri interessi, ma da nobili ideali. Molti dei suoi obiettivi ‘dichiarati’ sono condivisibili. Le sue proposte meritocratiche ricordano quelle che presentammo nel 2007 alle Primarie del Pd. Come M5S, Ingroia, e Monti, FiD vorrebbe moralizzare la politica e ridurre gli sprechi dello Stato. Ma la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni…

Una mia tesi – ‘FiD vuole ridurre il welfare’ – ha suscitato le proteste – sincere – dei simpatizzanti: ‘il Programma non lo dice’. Vero. Ma i programmi elettorali, si sa, vengono edulcorati dai calcoli elettorali. Le vere intenzioni dei promotori emergono dai loro interventi precedenti. Partiamo dunque dal welfare, ultima delle mie preoccupazioni.

  • Il rapporto pensioni/pil deve convergere al 10%” in “10 anni” tramite “l’allungamento dell’età lavorativa a 70 anni” e la “restrizione dei criteri per le pensioni di invalidità”. (Boldrin, 6/8/11 e 11/11/11). Le pensioni sono il 16% del Pil; una tale riduzione (+ popolazione invecchia) non può non coinvolgere le pensioni medio-basse. Sull’invalidità non s’invocano maggiori controlli sull’esistenza dei requisiti, bensì la “restrizione delle invalidità”: un invalido al 50% avrà meno, al 20% non avrà più nulla, ecc.
  • ·Altre spese sociali: “Ridurre la spesa pubblica di almeno 6 punti percentuali del Pil nell’arco di 5 anni… Ripensare in modo organico le grandi voci di spesa, quali sanità e istruzione”.
  • Diritti dei lavoratori: p.es. il caso Fiat. “Il problema non è se a Melfi la Fiat abbia violato o meno… una legge: sì, l’ha violata!… Intenzionalmente” perché “il modello di relazioni industriali… che i tribunali del lavoro perpetuano è… incompatibile con lo sviluppo economico… Il discorso Fiat è oggi un discorso di progresso(Bo. 2010).

Le idee sul welfare assomigliano a quelle dei repubblicani USA più estremisti: “Per raggiungere il successo economico esistono due strade. La prima consiste nel creare valore. La seconda … consiste nell’appropriarsi del frutto di sforzi e sacrifici altrui … Basta legalizzare la sottrazione” tramite i “servizi sociali…” e il “welfare” (Scacciavillani, 6/1/13).

FiD dimostra di non capire la crisi. Partiamo dagli spread. “Una perniciosa fantasia (1, 2) diventa ogni giorno più popolare: la Banca centrale europea ha in mano … la soluzione della crisi del debito sovrano, ma si rifiuta di usarla. [Secondo tale fantasia] la Bce stabilizzerebbe i mercati e ridurrebbe i tassi d’interesse che i governi devono pagare… Questo permetterebbe alle banche…di ricapitalizzarsi grazie alla rivalutazione del portafoglio che tale variazione di prezzo indurrebbeLa riduzione delle tensioni sul proprio debito permetterebbe ai paesi in difficoltà…misure di stimolo alla crescita. [Queste tesi] sono destituite di ogni fondamento” (Bo. 2011). Il 26/7/12 Mario Draghi annunciò di voler mettere in pratica (a metà) la “perniciosa fantasia”. E FiD: “Spara solo coriandoli!” (Sc. 2012). “La Bce non può intervenire, per Statuto!”, è “roba neo-marxista”, “le banche centrali non lo possono fare… è una dura realtà che dobbiamo riconoscere…” (Bisin 10/8/12). Ma gli spread scesero (a metà), e la crisi rientrò. Tuttavia FiD non ne ha tratto alcuna lezione: ha una concezione ottocentesca della finanza, che predata la nascita delle banche centrali.

Sulla crisi dell’economia reale, cosa dicono a FiD?

  • La politica monetaria… può fare poco o niente” (Bo. 2010). Dubito.
  • La politica di bilancio… non può fare nulla’. Scrissero: “la grande ripresa americana, stimolata dagli… obamiani, sembra non essere tale; hanno generato una crescita… illusoria dell’occupazione. Tutti sanno com’è andata (+5 mil.). E l’austerità Europea? “Il famoso moltiplicatore keynesiano dicono sia stato intravisto da… padre Pio, che sghignazzava” (Bo. 2010). Il FMI ha poi spiegato che il moltiplicatore è tre volte più grande di quanto si credeva e l’austerità ha dissanguato l’Europa. Ma FiD vuole ancora salassi! Propone l’austerità di Monti con un’aggravante depressiva: meno spese e meno tasse, subito, ora.
  • Restano le Riforme Strutturali (dell’offerta). Niente in contrario, ma non servono contro una crisi della domanda. “Si ripristino gli incentivi agli investimenti”! (Sc. 2013): nessuno investe se non ci sono compratori.

FiD compete con Monti per il ruolo di ‘guardiano dell’Europa’, affinché dall’Italia non vengano stimoli all’evoluzione dell’Eurozona. “Basta criticare la Merkel! è un gravissimo errore attribuire la responsabilità della crisi… all’Euro” (Bo. 2012). Invitano la Germania a tradire gli impegni formali assunti al G20, e a scaricare l’onere del riequilibrio commerciale sugli altri. Richiesta poco patriottica, oltre che inefficiente.

Ma se davvero hanno sbagliato quasi tutto, perché insistono? “In chiunque alberghi la speranza che si adottino le riforme … deve anche sperare che la Bce… continui a tenere i governi sulla corda, torcendo loro il braccio perché almeno qualche cambiamento lo introducano”. W la crisi! “La soluzione ‘politica e mediata’ non è possibile… solo una soluzione ‘tecnocratica fortunata’ (Bo. 2011). Se la democrazia non può produrre le agognate (nobili) ‘riforme’, la crisi (v. 11° par.) può aiutare la tecnocrazia ad imporle a furor di popolo”. Qui c’è tutto il fallimento morale di FiD, che ignora la lezione di Re Salomone sul ‘bambino conteso’. Preferiscono affondare milioni di famiglie disoccupate, piuttosto che perdere l’occasione delle agognate riforme. Ma che l’elettorato non lo sappia. E neanche gli attivisti.

Cari amici, così non ne usciamo.

Elezioni 2013, il dovere di governare

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I pareggi capitano. Non solo in Italia. Anche in Germania, in Francia, negli Usa… Ne seguono ‘coabitazioni’ e ‘grandi coalizioni’, non volute dai politici, ma imposte dagli elettori. Però mai si parla di ingovernabilità. Dovere degli eletti è adeguarsi alle indicazioni degli elettori, tramite accordi politici equilibrati.

La ricerca del punto di equilibrio fra i rapporti di forza emergenti è una delle poche abilità che ai nostri politici non manca: è il momento di usarla. ‘Ingovernabilità’ è sinonimo di ‘incapacità’ degli eletti: non la perdoneremmo, a nessuno.

La patata bollente è innanzitutto nelle mani del Pd, che ha vinto il premio di maggioranza, controlla la Camera, ed è l’unico partito insostituibile di qualsiasi maggioranza parlamentare. Possono scegliere di coalizzarsi con il Pdl o con M5S. Ma in entrambi i casi, per farlo, devono prendere atto delle ragioni della mezza sconfitta subita, e di quella del loro principale alleato, Mario Monti che – in base ai dati fin qui pervenuti – gli elettori hanno quasi cancellato. 

La partita elettorale si è giocata al 70% sull’economia. Ingroia ha parlato d’altro e ha fallito. Due le questioni economiche.

(1) La strategia generale, ovvero (come salviamo la nave che affonda) come rilanciare Pil e Reddito Nazionale.

(2) Le strategie individuali ovvero (se la barca affonda, quale scialuppa mi dai: riduzioni Imu, ecc.) le questioni redistributive.

La strategia macroeconomica dell’Eurocrazia (v. la lettera della BCE dell’Agosto 2011) - Austerità e Riforme Strutturali - anche da noi non ha prodotto neanche lontanamente i risultati promessi nei tempi indicati. Perciò i suoi sostenitori (in ordine di compromissione: FiD, Monti, Pd) sono stati puniti dagli elettori. Che ingiungono invece al Pd di fare un governo o con il Pdl o con il M5S. Ciò impone al Pd di cambiare non di poco l’impostazione che pensava di dare alla politica economica prima delle elezioni, quando pensava di governare con Monti. Il punto di equilibrio, oggi, non è l’uscita dall’Euro; ma neppure le ricette di Draghi e Merkel. È difficile ma non impossibile restare nell’Euro con comportamenti di stimolo al limite della sedizione (offriremo contributi in questo senso), ma aperti al negoziato. Ovviamente, se gli attori sono adeguati!

Quanto agli spread, è necessario e sufficiente chiarire subito ai mercati che ogni caso (anche, Dio non voglia, di uscita dall’Euro) i depositi in Euro e i titoli pubblici già emessi non verranno ri-denominati in lire, né ci sarà alcun default. Meglio ancora sarebbe incanalare le tensioni con l’Europa in una trattativa con il Fondo Salva Stati, che abbia l’obiettivo dichiarato di quasi azzerare gli spread. Non importa se la trattativa si prolunga all’infinito perché l’Europa richiede assurde manovre d’austerità ad impatto immediato; o non s’impegna a serie riduzioni dello spread italiano. L’importante è che l’ipotesi di accordo rimanga in piedi, dimodoché le aspettative tengano giù gli spread. Il braccio di ferro darebbe al governo italiano l’occasione di mettere sotto il naso di tutti gli europei i vantaggi – a breve! – di un Piano italiano per il rilancio dell’Europa, innovativo e radicale.

L’onere della governabilità ricade anche su Pdl e M5S. Che non pensino di farla franca, se si tirano indietro: li paghiamo per risolvere i problemi! Dovrebbero proporre innanzitutto un premier di cui si fidano, però di area Pd; competente nelle materie in cui si gioca la delicata partita con i mercati e con l’Europa. E dovrebbero accontentarsi di veder inclusi nel programma di governo solo pochi provvedimenti fra quelli che rientrano nella loro Agenda.

È più probabile che, fra i due, il Pd non scelga M5S: per motivi buoni, e meno buoni. Fra i primi, la difficoltà, per una forza così magmatica, di rispettare in maniera compatta qualsiasi accordo. Fra i secondi, la resistenza a limitare i privilegi della classe politica. Ma farebbe bene, il Pd, a tenere sempre aperti i canali con entrambi, per limitare possibili i ‘ricatti’ del partner che sceglieranno. Quanto all’ipotesi che circola, in base alla quale Bersani avrebbe già ‘in tasca’ il 20% dei grillini, ebbene, se è vera, lascio a voi ogni commento! Io penso però che sarebbe meglio se costoro si organizzassero in formazione compatta, per avere più leva, per chiedere e offrire quel che sarà in modo affidabile e trasparente.

Chiudo sui mercati finanziari. Amano la crescita. Non è vero che siano a favore della paranoica ideologia depressiva neo-lib. Ne vedremo delle belle, ma non solo al ribasso. Se poi i mercati finiranno per prendere una brutta piega, non sarà perché ha vinto Grillo e ha perso Monti, ma perché o Pd-Pdl-M5S non faranno il governo possibile, o le cd ‘persone serie’ d’Europa rifiuteranno ogni compromesso.

 

La disoccupazione cresce in tutta Europa

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La disoccupazione cresce in tutta Europa. La crisi della zona Euro (EU-17) trascina in alto i dati dell’EU-27 (che include i dieci paesi Europei rimasti fuori dall’Euro, che sono quelli che vanno meglio). Un disastro di politica economica senza ‘se’ e senza ‘ma’.

Gente che viene da te piangendo, spiega che è stata licenziata sei mesi fa non trova lavoro non sa come vivere. Altra gente che si prepara ad espatriare…

Vogliamo per favore concentrarci su questo problema? O ci sono cose più importanti?

In quest’Italia frammentata, dove i disoccupati scompaiono in un grande buco nero di depressione ed esclusione, ognuno ha la sua, di Agenda … Da tanti anni, sempre la stessa … Ingiallita … 

Abbiamo almeno il pudore di non spacciarla come terapia contro la mancanza di lavoro.


Cipro chi?

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Cipro (Κύπρος in greco, Kıbrıs in turco) è la terza isola del Mar Mediterraneo… il terz’ultimo Stato dell’Eurozona quanto a popolazione (830.000), davanti a Lussemburgo (502.000) e Malta (416.000)… di cui rappresenta lo 0,2% del PIL… Da una brochure: “La Repubblica di Cipro ha un sistema bancarioben sviluppato, modellato sul sistema britannico… La nuova legislazione bancaria introdotta nel 1997, soddisfa la maggior parte delle direttive bancarie comunitarie, che costituiscono un quadro aggiornato e rafforzato di regolamentazione e di vigilanza…” La brochure non dice che – in caso di guai – le ipertrofiche banche cipriote (800% del PIL) sono troppo grandi per essere salvate da Cipro. Un po’ quello che avvenne in Islanda.

La crisi bancaria Ciprota è iniziata nel 2010, per la pesante esposizione nei confronti della vicina Grecia… Secondo il FMI fino ad allora Cipro aveva goduto di ‘un lungo periodo di crescita e finanze pubbliche sane’. Le misure introdotte si aggiungono allo sforzo già in atto dei locali, e colpiscono duramente un’economia che si va contraendo del 4,5% l’anno.

Quando – nella notte fra il 16 e il 17 Marzo 2013 – il rappresentante della BCE ha preteso la ‘tassa’ sui depositi bancari‘tutti i depositi… altrimenti tagliamo la liquidità e facciamo crollare le vostre banche’- pare che i Finlandesi e il Commissario Rehn si siano stati entusiasmati; i tedeschi sorriso.  

FQ (sempre Feltri) 20/3/23: “Com’è noto, la crisi di fiducia nei mesi seguenti colpì le banche Italiane, Spagnole, e … Dapprima gradualmente… Il declino progressivo dell’offerta di moneta nei c.d. PIIGS, e la balcanizzazione dell’Unione Monetaria, accelerarono la spirale che…

La prospettiva concreta dei prossimi mesi è il declino progressivo della quantità di moneta nei c.d. PIIGS (circa l’80% della moneta è fatta di depositi bancari, se vengono ritirati anche in piccola parte, l’effetto di demoltiplicazione della moneta è forte), la balcanizzazione dell’Unione Monetaria (con marcate differenze nella disponibilità di credito e capitali), l’accelerazione della spirale negativa dell’economia reale, e infine il default sui titoli del debito. Uno scenario brutto.

2. ‘Allegro ma non Troppo’

Lo storico ed economista Carlo Maria Cipolla definiva una persona stupida “una persona che causa un danno ad altre persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé, o addirittura subendo una perdita”.

La Prima Legge Fondamentale della stupidità umana asserisce senza ambiguità di sorta: Sempre ed inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione…

La Quarta Legge fondamentale afferma che: Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. (C.M.Cipolla)

3. Dedica: a…

Ebbene, ieri i miei pensieri sono volati dall’asse Cipro-Bruxelles agli studi del Cipolla, e da lì a … Vittorio. Vittorio è molto impegnato, al momento, nel ‘disbrigo degli affari correnti’; ma se potessi incontrarlo, di fronte al coro di proteste che si leva da tutto il mondo, vorrei rassicurarlo. Gli stupidi sono più felici: non sanno di essere stupidi.

Forse – chissà – è stato il Tuo ultimo Eurogruppo: e Tu… Ti sei accodato: ai soliti amici. Di soppiatto, o con tanta innocenza? Pensavi che di Cipro il mondo non si sarebbe accorto? O che l’assicurazione dei depositi – pilastro di stabilità finanziaria, per ottant’anni ma lascito di F.D.R., un socialista, utile idiota! – sia da smantellare? La stabilità finanziaria si mantiene con la disciplina del mercato! Ci pensa la mano invisibile. Come nell’ottocento… capitalismo nature.

‘Vogliamo colpire le mafie russe’: non c’hai creduto neppure Tu! Il prelievo forzoso sui depositi minimi ‘fra zero e 100.000 Euro’ – che la BCE ha preteso, invece di rivalersi sugli azionisti e sugli obbligazionisti – colpisce la vedova, il commerciante, l’Agenzia di viaggi…: russa? Boh! Ma non i mafiosi!

Noi assistiamo assieme allo stadio nascente di uno Stato totalitario, l’Eurozona. La BCE – potere non elettivo, dalle regole immodificabili, dal personale non sostituibile e perciò non responsabile delle sue azioni anche con 25 milioni di disoccupati – detta ai Parlamenti l’Agenda, ai Governi i Trattati; alla politica impone un pilota automatico.

Ma Tu, Vittorio, hai creduto di far bene. Speriamo dunque che i tuoi cuginetti Grillini non ti interroghino in Parlamento: non ti chiedano se in Europa hai votato per questa nuova prodezza della BCE; se hai deciso da solo o con Mario; se è vero che il contributo dell’Italia è stato decisivo, dato il suo peso nel meccanismo di voto a ‘maggioranze qualificate multiple’. Grazie a voi, oggi il valore dei miei titoli è sceso da 66 a 65 mila; fra qualche settimana un’altra impresa fallirà per mancanza di credito; un altro amico perderà il lavoro. Ma chi potrebbe avercela con te? Quel che conta sono le intenzioni.

Europa, il primo ministro e la Grande Babele

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Quest’articolo parla dell’Italia. In pratica dice: se scopri il segreto della crisi, puoi sconfiggerla presto e bene. E (nell’Eurozona) c’è un modo, un solo modo; in linea con la svolta richiesta dagli elettori; ma è difficile da implementare sul piano istituzionale.

Ad integrazione, vorrei dire con chiarezza che il paese ha bisogno di una guida vera, uno scout – non un bluff, come è già capitato -: un premier che conosca o sia in grado di comprendere qual è la via d’uscita dalle sabbie mobili. Non basta qualcuno che gl’indichi la strada: egli deve avere in testa tutta la ‘mappa’ della palude, dimodoché – ogni volta che una via è sbarrata – sappia riconoscere subito le alternative che conducono alla salvezza. Non basta che s’affidi ai consiglieri: se non ha una sua profonda e ferma visione, finirà per seguire strategie contraddittorie, o banali, e si perderà. Nel 2011 sarebbe ancora bastato un premier ‘normale’, uno che non facesse danni. Ora non più: l’acqua sale velocemente; un dosso più alto è meglio di una buca, ma non ci salverà.

Potrebbe non bastare neppure solo un bravo ministro dell’Economia. L’economia è il problema n.1, e coinvolge tutto, dalla politica estera a quella sociale: egli diventerebbe de facto il vero premier. Se le sue politiche economiche fossero innovative rispetto al pensiero unico montiano, e devono esserlo (purtroppo ancora non arrivano segnali in questo senso), alla prima difficoltà il premier si preoccuperebbe: dove ci porti? La linea ondeggerà, si farà un pasticcio… Una delle colpe più gravi, in politica, è giungere troppo presto alla verità! E allora il ministro seguirà una strategia… inattaccabile e insufficiente!

Dall’Europa giungono sinistri scricchiolii. Cipro è solo un sintomo del perdurante affanno, degli squilibri irrisolti, della crescente incomprensione fra i popoli nella grande Babele che è oggi l’Europa. Paesi con la disoccupazione al 5% dettano l’Agenda a paesi con la disoccupazione al 12%, o al 26%, senza capirne la situazione. Divari abissali di competitività non sono colmabili con il ‘meccanismo principe’ del tasso di cambio; ma i possibili sostituti, salvo uno, non sono stati previsti, e sono anzi ferocemente avversati. Si sottovalutano le implicazioni politiche della disoccupazione, che nutrì il fascismo nella culla. (Perciò l’idea di ‘cambiare la Costituzione’ italiana adesso, in cambio di un governo, mi sembra pessima). Aspettiamoci di tutto.

Finché non ne usciremo, all’Euro saremo legati: perciò – per l’Europa, e per l’Italia – l’Euro dobbiamo cambiare. Il premier Italiano dovrebbe avere un ‘Piano’ per l’Eurozona , una proposta economico finanziaria ‘di svolta’ che sia riconoscibile come via di salvezza per tutta l’Europa. Ci serve una/o così, non un bravo guaglione. Ma che sappia ascoltare, e con tanta gente intorno che lo aiuti; perché il sapiente sa di non sapere: altro che pensiero unico.

La crisi e il filosofo

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Dopo 18 mesi di assedio, nel 212 A.C. Siracusa fu presa e saccheggiata dal Console romano Marcello. Archimede morì sulla spiaggia ucciso da un soldato romano. Siamo tornati indietro nel tempo: questa è l’intervista che ci ha rilasciato pochi giorni prima.

Archimede, cosa fai?

Non ho tempo. Ho un problema da risolvere.

Di fisica? Stai costruendo una macchina da guerra?

Solo i problemi umani sono intrattabili.

La città è nelle spire di una crisi drammatica… Hersanodòro dice che ci vorrebbe un miracolo.

Ah sì? Beh, io so come risolvere questa crisi.

Bum!

Però non si può dire, perciò non so che fare.

Non si può dire?

Amico! Intanto, migliore l’idea, meno viene creduta. Se vuoi apparire saggio, dì quello che dicono tutti. La verità ha bisogno di tempo per essere accettata.

E voi di tempo non ne avete…

Secondo, le spie dei romani sono dappertutto.

La fazione filoromana alza la voce ogni giorno di più.

Rumoreggia. Li senti? “Cediamo ai romani il controllo della Città: vivremo meglio!”. Che vadano nel Regno dell’Ade! Piuttosto, devo riuscire a parlare con Epicide.

Il sovrano?

Certo! Vedi questi?

Sono specchi… parabolici.

Specchi ustori. Non mi crederai; ma possono mandare le navi nemiche a fondo e per sempre.

E allora perché non informi i concittadini?

Perché non si può. Solo Epicide…

Cosa non si può?

Ma ragiona, ometto del futuro! Cosa succederebbe se divulgassi minimamente la mia idea?

Forse si costruirebbero tanti grandi specchi, e Siracusa vincerebbe la guerra…

Nient’affatto! I romani capirebbero subito le nostre intenzioni. E sposterebbero le navi fuori dalla portata degli specchi: fine di ogni speranza!

Ci vuole un’azione a sorpresa.

Appunto… I romani non devono capirci nulla, finché un numero sufficiente di specchi non verrà simultaneamente puntato contro le loro navi, nell’ora giusta, nel giorno giusto, alla distanza giusta, con l’inclinazione giusta…

Non sarai superstizioso?

Uffa! Il sole: dev’essere giusto!

E queste decisioni dipendono da Epicide?

Lui? No. Sta chiuso a Palazzo, di specchi non s’intende. E poi, neanche a lui posso rivelare l’idea! Altrimenti dovrà valutarla con i suoi consiglieri. E sarebbe la fine.

Però lui può aiutarti.

Già. Dopo la morte di Imilcone sta per nominare il nuovo comandante. È la decisione cruciale della situazione. La mia scoperta può rovesciare le sorti della guerra… ma è anche una strategia fragile. Perciò può essere affidata solo a uno che ne coglie le sfumature…

Un filosofo?

Sì, un tecnico. Io stesso! Darei ordini giusti, ma …

Ma?

Non funzionerebbe. Politicamente.

Se gli proponi una cosa simile…

… la mia testa non varrebbe più una dracma. L’idea stessa degli specchi ustori ne uscirebbe screditata.

Allora, un altro filosofo?

Sembra la cosa ideale… Ma la gente non crede alla scienza. Troppi venditori di fumo in giro. Sciamani. Opportunisti. E poi c’è tecnico e tecnico. Lo scorso anno, un ingegnere edile è stato messo a capo delle fonderie… Ti rendi conto? Per i disastri che ha combinato, tutti i filosofi ora sono screditati…

Un bravo politico!?

Secondo me basterebbe: purché sia ansioso di cambiare, sperimentare, rischiare …

Perché di questo passo la città ha i giorni contati!

… uno disposto a provarle tutte.

Zoippo vuole uscire dall’orbita romana con l’aiuto di Cartagine. Con Annibale in Campania, Roma non oserà più…

Forse, forse. Ma parla piano! Se ti sentono, ti accusano di essere anti romano, contrario al progresso, populista, e chi più ne ha più ne metta!

Con le legioni alle porte? E che diamine!

Senti a me: chi può valutare le conseguenze di un nuovo collocamento internazionale? E perché assumersi tali rischi, quando avremmo la possibilità di risolvere a nostro vantaggio questa crisi, e poi trattare con Roma condizioni migliori? Anche Roma ne uscirebbe meglio: e Roma è il futuro!

Allora sbrigati, vai, che aspetti? Chiedi udienza a Epicide. Spiegagli il tuo Piano. Salva Siracusa! Cambia il corso della Storia.

Eh! Appunto. Qui sta il problema. I suoi consiglieri…

Ottusi? Invidiosi?

Non mi fanno avere l’udienza. Mi trattano da seccatore. ‘Lei capisce, proprio adesso, ci sono le consultazioni…’: ma appunto, dico io!

Non hai un amico potente? Uno in grado di capire, che interceda.

Sì, Agatocle: matematico e abile politico. Gli ho mostrato gli specchi…

E lui?

Entusiasta. E appoggia la mia linea: mantenere il segreto, e puntare sulla nomina di un tecnico. Ho passato dieci giorni con lui a ragionare sul testo del messaggio al Sovrano.

Tutto bene allora.

Sembrava fatta. Ci ha dormito su, e il giorno dopo mi ha detto che non se la sentiva. Il nostro messaggio, dice, ha un limite fatale.

Un limite?

Non puoi dire a un sovrano: “ Ho un’idea, ma non te la dico”.

Allora non ti resta che sperare nella buona sorte: il probabile nuovo Comandante sia aperto alle tue idee!

Hersanodòro!? È fissato con l’ortodossia dei manuali militari. Gioca ai soldatini, per non essere da meno… Ma Agatocle è sottile.

Fin troppo!

Senti cosa ha architettato. Ha scritto un messaggio a Flavia Zisa, in cui spiega che abbiamo fatto una scoperta che potrebbe decidere la guerra, ma attuabile solo da un generale filosofo. Poi ha fatto in modo che venisse intercettato dalle spie di Epicide!

Molto sottile! E…?

Niente, nessuna reazione.

Troppo indiretto…

Sono nello sconforto!

Povero Archimede: la tua città verrà distrutta. Ma poi rinascerà, anche se non sarà più quella di prima.

Meglio la morte!

Non farla tragica. La vita continuerà …

Non è il saccheggio e la fame che temo, o il giogo di Roma: ma la mia coscienza. Invecchiare sapendo di aver fallito, dopo aver avuto a portata di mano la salvezza della città. Perciò ora andrò sulla spiaggia, con i miei specchi, e li punterò sulle navi romane.

Non mi sembra una buona idea, Archimede. Ci sono nuvole in cielo, e la spiaggia è piena di nemici. Nessuno può vincere le guerre da solo: e tu lo sai.

Addio, amico mio. Gli uomini passano e le idee restano, restano le loro tensioni morali. Continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.

Governo, le ragioni del M5S: coraggio, Presidente!

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Come si può immaginare un’alleanza con Grillo e Casaleggio, che teorizzano ‘un Parlamento senza i partiti’ e puntano al ‘100% dei suffragi’ e poi all’auto scioglimento?” (Giannini, Repubblica, 29/3/13). Non so se il virgolettato è vero o spurio. Se è spurio, è un commento fuorviante di un giornale che in ogni occasione si unisce agli appelli alla responsabilità…in due sole direzioni. Se è vero, potrebbe essere interpretato in modo meno allarmista. L’auto scioglimento, perché no? Il 100% ricorda la ‘vocazione maggioritaria’ (51%) del Pd. E forse ci si riferisce a ‘questi partiti’. In ogni caso, i M5S non hanno il monopolio delle sciocchezze.

È fin troppo facile lanciare appelli alla responsabilità quando si traducono con: “date a noi il potere (esecutivo)”. Ma se rovesciassimo l’appello? La realtà delle urne è stata dolorosa per il Pd e i suoi fiancheggiatori: perciò non è stata ancora ben assimilata. Ma il premio di maggioranza, conquistato dal Pd alla Camera, dal punto di vista della nascita di un governo non vale più dei parlamentari M5S o Pdl. Vale per l’elezione del Presidente della Repubblica. E vale, sul versante del governo, come potere di interdizione: è un potere negativo assoluto. Ma il Pd non può dettare condizioni, solo cercare un accordo fra pari.

Messe da parte le soluzioni pasticciate - drappelli di senatori che ‘si staccano’ da questo e da quello o ‘escono dall’aula’ – il Pd ha di fronte due soluzioni ‘pulite’: un governo sostenuto dal Pdl, oppure dal M5S. Deve valutare chi offre condizioni migliori. Secondo Bersani, il Pdl pone “condizioni e preclusioni inaccettabili”. A me sembra che punti a nuove elezioni: perciò se anche le sue ‘preclusioni inaccettabili’ fossero accettate, subito ne sorgerebbero di nuove. Non scommetterei sull’affidabilità del Pdl in questa fase. Anche prescindendo dai problemi di affidabilità costituzionale. O dai diktat sul futuro Presidente della Repubblica. Che dovrà offrire al paese un sicuro ancoraggio democratico nei prossimi sette anni.

Nulla di tutto questo accade con il M5S, la cui disponibilità si è arenata non per distanze programmatiche o questioni di nomine. Ma perché il M5S ha chiesto con sufficiente chiarezza un Premier ‘fuori dai partiti’ e a cascata, se vale ancora l’art. 92 c.2 Cost.

Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.” un esecutivo ‘fuori dai partiti’. Richiesta assurda? La condizione di ‘sostanziale parità’ fra Pd e M5S ai fini della nascita di un governo ha come corollario che l’indicazione del premier spetta al M5S quanto al Pd. E dunque? Devono valere altre considerazioni.

Sul piano politico, il Pd ha preso più voti, ma la vittoria di una lista è data anche dalla variazione del consenso ottenuto. E sotto questo profilo, Pd e Pdl hanno straperso. Inoltre se all’o.d.g. del prossimo governo c’è la riforma del sistema politico - nel senso di tornare alla Costituzione (M5S, San Giovanni, Roma, 23/2/13), di rientrare dall’abuso sistematico della classe politica sulle istituzioni (la cui punta dell’iceberg sono i privilegi economici) -, non c’è da stupirsi se M5S non voglia affidare la direzione dell’operazione a chi quella condizione di abuso ha tollerato per decenni. Che vale realizzare otto punti, se poi si aprono 10 nuove falle? La riforma o è ‘sistemica’, o non è.

Ma anche sull’economia, le maggiori speranze di ‘voltare pagina’ (Bersani) vengono dal M5S, orientato verso economisti sulla linea dei Nobel Krugman eStiglitz. Al contrario, le indiscrezioni sui possibili Ministri economici di Bersani – Saccomanni, Padoan – confermano che il Pd non riesce ad affrancarsi dall’ortodossia eurocratica, e a pescare nella grande corrente neokeynesiana che è parte della sua Storia. Come chiedere a M5S di sporcarsi le mani con un fallimento di cui non è responsabile, e al tempo stesso per animositatem in errore manere?

Il M5S ha tanti difetti. È un Movimento, non un partito. Perciò: ha un’Agenda limitata. Cede spesso alla supponenza, all’utopia. Non ha un candidato premier, attende che Napolitano faccia un nome fuori dai partiti a metà strada fra Pd e M5S (vicino ai valori ma non alle pratiche del Pd). Non vuole accordarsi con i partiti, semmai direttamente con il premier. Ha difficoltà a entrare in un rapporto stabile di fiducia: ciò limiterà la credibilità del governo e le sue chances di rovesciare le aspettative negative (essenziale per battere la crisi). Ha problemi di affidabilità. Quel che si vuole. Ma niente giustifica la spocchia con cui l’élite del paese tratta M5S e la sua diversità.

Bersani è attaccato alla poltrona, è responsabile dello stallo politico? O è un agnello pasquale che va incontro al sacrificio, dopo aver offerto a M5S l’occasione di chiarirsi le idee, di dire ‘no’ al ‘Governo del Pd’; ed apre la strada a un governo non ‘del cambiamento’ bensì ‘della discontinuità’, pur equilibrato dal Pd? Sia come sia, però ora date a M5S questo benedetto governo. Se faranno bene: meglio; se faranno male, il paese prenderà nota. Rischi non ci sono: il Pd manterrebbe il controllo, attraverso la Camera.

Napolitano, nel momento supremo, non sbagli la sua mossa. L’economia e le istituzioni hanno bisogno di un progetto di rigenerazione immediato, che la classe politica non esprime. L’istinto dell’anziano Presidente è di affidarsi a una figura istituzionale nota. In grado di fare bene. Ma non di dare una svolta al paese. In tempi normali, sarebbe ineccepibile. Oggi, sarebbe l’anticamera di Weimar. La parabola dei talenti ci esorta a vivere con responsabilità, assumendoci i rischi relativi, e condanna chi fa scelte inattaccabili ma inadeguate.

Buona Pasqua a tutti.

Riforme istituzionali che interessano ai cittadini

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Sulle c.d. riforme istituzionali c’è uno scollamento straordinario fra le esigenze della popolazione e i progetti dei partiti. Progetti che nel migliore dei casi fanno sbadigliare, nel peggiore mettono i brividi.

I politici che nel 1946-48 redassero la Costituzione Italiana avevano una sola preoccupazione: come limitare il nostro potere sui cittadini? Come garantire la dignità degli italiani, singoli o associati (famiglia, sindacati, ecc.) di fronte al rischio di sopruso dei politici? Ma poi la classe politica ha sempre più calpestato la Costituzione, e oggi ha preoccupazioni diverse, a volte… inverse. La filosofia imperante è il “decisionismo“ (quanto sia fasullo quel messaggio risulta dai 3 giorni impiegati da Berlusconi per approvare certe leggi ad personam): l’abolizione del bicameralismo perfetto, l’aumento dei poteri del premier, leggi elettorali sempre più maggioritarie, ecc. L’abuso dei decreti Legge per Manzella (Repubblica) non è un problema. I politici di oggi si chiedono: come possiamo ridurre i controlli sul nostro operato? Come possiamo avere le mani più libere? Come ridurre ulteriormente la democrazia in questo paese che le organizzazioni internazionali già classificano come ‘semi-libero’?

Indigna anche la mera vacuità di molti progetti istituzionali che vanno per la maggiore. Del c.d. ‘Senato delle Regioni’ – di cui discettano gli onorevoli inciucisti – i cittadini del Nord e del Sud, in affanno per mille problemi reali, non sentono alcun bisogno. Le Regioni sono l’istituzione mediamente più corrotta che abbiamo; e comunque ogni legge elettorale dovrebbe consentire ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti ‘sul territorio’. Aprire il vaso di Pandora delle riforme costituzionali non è una domanda che sale dal Paese, anche per la scarsa fiducia che ispira una classe politica dai precedenti sconfortanti: l’ultima volta (Titolo V) ha prodotto un federalismo all’amatriciana, corresponsabile dello sfascio italiano.

Le esigenze popolari, poco articolate data la “tecnicità” della materia, non per questo sono meno sentite. Nascono non dall’onanismo mentale dei politici, ma dall’umiliazione per gli abusi della politica e delle sue propaggini amministrative. Ed allora vediamo una lista incompleta di questioni istituzionali che interessano i cittadini. Con preghiera ai lettori di integrarla. Nb: ciascun punto è risolvibile, volendo.

Pubblica Amministrazione

  • concorsi truccati

  • Lo spoil system, e le carriere ordinarie politicizzate: che generano un flusso continuo di imbecilli amorali verso le posizioni apicali

  • L’ampliamento abnorme delle piante organiche

  • L’abuso di consulenze ed altri incarichi ‘fuori pianta organica’

  • L’umiliazione delle competenze

  • La distorsione a fini privati della regolamentazione; (es. i pedaggi autostradali alzati quando in base ai contratti di concessione dovrebbero scendere; grazie alla corruzione, e al mobbing contro i tecnici fedeli allo Stato)

  • La trasparenza e completezza dei bilanci degli enti locali (non si riesce neanche a sapere quali sono i loro debiti verso le imprese)

  • Il controllo delle spese per i privilegi della casta; tetti agli emolumenti totali

  • La messa fuori legge di tutti i conflitti d’interesse 

  • L’anagrafe degli eletti

  • Istituzioni di controllo dotate di autonomia e di autentici poteri.

Allo scandalo del G8 di Genova la politica non ha ancora data risposta. Tre richieste:

  • Identificabilità (numeretto sul casco) dei poliziotti che vanno in strada a garantire l’ordine pubblico (e aggravio sanzioni per i manifestanti che si coprono il volto)

  • Divieto erga omnes di impedire riprese audiovisive, salvo che a tutela della privacy, e in casi eccezionali previsti dalla Legge

  • Legge contro la tortura. Licenziamento dei funzionari pubblici in caso di condanna di primo grado per ‘violenze’

Democrazia rappresentativa e tutela della Costituzione, la carta dei nostri diritti:

  • Leggi sul pluralismo TV

  • Controllo di costituzionalità: potere di rinvio preventivo alla Corte Costituzionale da parte del Presidente della Repubblica e (non preventivo) di 1/5 dei parlamentari

  • Messa in sicurezza della Costituzione di fronte all’attacco continuo della destra, e all’erosione dei ‘quorum’ necessari per le modifiche causato dalle leggi elettorali maggioritarie. Ponderazione proporzionale del voto di ogni Parlamentare per le leggi costituzionali. Valutazione di ammissibilità del referendum costituzionale (non un solo ‘sì’ o un ‘no’, quando si modificano più articoli della Costituzione)

  • Nuova legge elettorale: con le preferenze, o i collegi uninominali

  • Primarie (parlamentarie) obbligatorie e regolate per legge

  • Limiti alle spese per campagne elettorali, e riduzione del 90% del finanziamento pubblico ai partiti. Istituzioni capaci di imporne il rispetto

  • Legge di attuazione dell’Art.49 Cost. sulla democrazia nei partiti

  • Affirmative actions per favorire ‘l’entrata’ di nuovi politici, il voto di opinione, la valutazione della qualità dei candidati da parte degli elettori (rating; invio a domicilio id un libretto con i profili di tutti i candidati al Parlamento; ecc.)

Democrazia diretta

  • Introduzione del referendum propositivo: ne ho discusso con Ceccanti, costituzionalista di Veltroni: conferma la loro disponibilità, con qualche limite

  • Leggi di iniziativa popolare: obbligo di discussione/voto parlamentare; possibilità di raccolta di firme on line.

  • Protezione dei whistle blowers

  • Indipendenza delle Autorità Garanti, class action facilitata.

Ed infine, dopo la manutenzione straordinaria, ci vorrebbe un’Agenzia per la Democrazia per fare manutenzione ordinaria. Se è vero che “Fatta la legge, trovato l’inganno” deve essere vero che “Trovato l’inganno, fatta nuova legge!”

Tutto ciò per dare la possibilità ai cittadini di

(A) scegliere/sostituire con più facilità/coscienza i rappresentanti

(B) controllare il loro operato

(C) cambiare il paese dal basso

Si vuole davvero aprire una ‘fase costituente’, ‘modernizzare’ la Costituzione, non affossarla? Occorre fare come i padri costituenti: mettersi dalla parte dei cittadini, non dei politici. Cominciando dall’applicare e attuare … la Costituzione vigente.

Meritocrazia: il “lodo Miceli” interroga il Pd

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Appare sempre più evidente che il nodo del problema Italia è la selezione di una nuova classe dirigente, e il suo accesso alla gestione della cosa pubblica. Non si tratta solo della politica, ma di ciò’ che essa controlla. La rinascita del Paese dipende dal funzionamento delle sue strutture, dalle grandi Società di fatto pubbliche, alle banche, agli ospedali, alla miriade di aziende partecipate che sono il sistema che garantisce sia la sopravvivenza sia la possibilità di rinascere di milioni di italiani. E’ li che la politica esercita il controllo più subdolo e dannoso, occupando sistematicamente i ruoli di responsabilità con un esercito di trombati, di amici e parenti…

Naturalmente non è un problema di persone, ma di metodo: anche il figlio di un politico può essere adeguato e competente, e ha gli stessi diritti degli altri cittadini. Ma solo regole precise, trasparenti e rigorosamente rispettate possono garantire che le eccellenze di questo Paese arrivino a dare il loro prezioso contributo alla salvezza dell’Italia; ed è compito della politica stabilire e garantire tale sistema di regole. Qui essa ha colpevolmente fallito, ed è stata duramente punita, particolarmente a sinistra.

Non è un caso se il ligure Grillo abbia ottenuto un consenso così vasto nella sua regione, e particolarmente nel Ponente. Non bisogna dimenticare che proprio a Savona nel 1983 venne alla luce il primo clamoroso sistema di corruzione politico/ mafioso nazionale, il cosiddetto caso Teardo. Alberto Teardo, socialista, iscritto alla P2, Presidente della Regione Liguria, venne arrestato poco prima di essere eletto parlamentare europeo: emerse un sistema corruttivo vasto e inquietante per il quale venne condannato. È sorprendente constatare ancora oggi quanti teardiani (equamente divisi tra destra e sinistra) occupino posti di potere nella politica, negli Enti, nelle Asl.

Ma qualcuno, almeno a partire dal 2007, avvertì per tempo tale problema e lo pose all’interno del centrosinistra, senza molta fortuna: penso alle liste di Rivoluzione Civile e Democratica di Piergiorgio Gawronski, che presentò alle primarie del Pd di quell’epoca un programma che poneva con forza il problema della selezione meritocratica e trasparente della classe dirigente del paese. Anni dopo, con lo stesso nome e simili contenuti il Movimento 5 stelle ha conquistato il consenso di un terzo degli italiani. Avesse il Pd avuto la capacità di ascoltare, di leggere i segno dei tempi, forse oggi non saremmo allo stallo democratico.

La Liguria però ambisce al ruolo di ‘laboratorio nazionale’ del Pd: qui emerge uno dei rari tentativi di cambiamento all’interno della politica tradizionale. Il capogruppo del Pd in Regione Liguria, Nino Miceli, ha proposto di istituire un Albo Regionale di eccellenze aperto a chiunque, fuori dei partiti, abbia competenze documentate nei diversi ambiti dell’economia, delle professioni e della cultura, potenzialmente utili al governo della Regione; e di scegliere in esso le persone che le Pubbliche Amministrazioni devono indicare per i vertici di banche, Fondazioni, Partecipate etc., e considerando la giovane età un fattore di merito. Sarebbe una vera rivoluzione meritocratica.

(Scritto con Giuliano Arnaldi)

Elezioni Presidente della Repubblica, la Maionese impazzita di casa Bersani

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Barbara Spinelli e Alexander Stille, tra i tanti, ci hanno spiegato perché un abbraccio fra Pd e Berlusconi (il Pdl non esiste, esiste solo Berlusconi) sarebbe mortale per il Pd. Ma questo è niente: si può anche non essere d’accordo. Il punto è che Bersani, fin dal primo giorno dopo le elezioni, ha scommesso tutto il suo futuro politico su questo assunto, ci ha costruito sopra la strategia del suo partito. Coerentemente, ha lavorato per un governo Pd-M5S, ha portato pazienza, ha guadagnato tempo, ha aperto brecce.

Finché Beppe Grillo gli ha teso la mano; e Bersani ha avuto la più ghiotta delle occasioni: convergere su un candidato comune alla Presidenza della Repubblica. E non parliamo mica gente di seconda scelta! Zagrebelsky e Rodotà: entrambi fini giuristi, entrambi innamorati della Costituzione e dei diritti dei cittadini. Entrambi lontani dalla politica politicante (il ché darebbe ai cittadini un segnale di apertura della ‘casta’ non privo di ritorni elettorali).

E Bersani cosa fa? Si accorda con Berlusconi! Per votare uno della ‘casta’!

Non sto dicendo che l’accordo con Grillo sia meglio, o peggio, di quello con Berlusconi, o che un ex Presidente della Corte Costituzionale sia meglio, o peggio, di un anziano politico. Mi chiedo: dov’è la coerenza strategica? È come se un generale ammassasse le sue truppe sull’ala sinistra, e poi decidesse di attaccare … a destra. Tanta stupidità lascia basiti.

Segnali di incoerenza, per la verità, c’erano già. Dicono che Bersani non vuole cedere la guida del governo a uno a metà strada fra M5S e il Pd, che vuole ministri politici. Dicono… ma fino ad oggi uno poteva non crederci.

Quali sbocchi prepara Bersani? Un governo Pd-Pdl, chiuso alle istanze di apertura del sistema politico che salgono dai cittadini, ‘circondato’ da M5S? O un rapido ritorno alle urne, con il Cavaliere che fino a pochi mesi fa era fuori gioco ed ora è in testa nei sondaggi? Non può essere: ditemi che sto sognando. Bersani ha avuto solo un momento di confusione, da cui subito si riprenderà.


Elezione Presidente della Repubblica, M5S attenzione alla trappola dell’estremismo

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La delusione è grande, non solo nel M5S. Andare vicino a una Presidenza Rodotà, cioè a una stagione politica e a un governo di discontinuità…e sappiamo quanto bisogno ce n’è, in economia, nell’amministrazione, nelle riforme istituzionali per aprire il sistema politico… E poi assistere alla chiusura partitocratica di Pd, Sc, e Pdl, al peloso compiacimento dell’Europa (che teme la rivolta dei popoli europei contro il sado-liberismo). Ed ora, c’è persino il rischio di riforme istituzionali che chiudano ulteriormente gli spazi di partecipazione… È dura da accettare.

Ma la brutalità della disillusione può diventare è una trappola. Che, by the way, è stata subito cavalcata da Berlusconi e da alcuni altri esponenti della casta. I quali al danno hanno aggiunto le beffe. Provocando l’intolleranza delle folle grilline, sembra quasi che si voglia far fare al M5S la peggiore figura possibile nel suo primo momento difficile, allargando così lo spazio politico della restaurazione.

È una trappola, quella dell’estremismo, in cui non bisogna cadere, perché è immorale e perdente. Immorali sono loro: perché scambiare i ruoli? Anti-democratici sono loro, che la Costituzione la calpestano ogni volta che fanno una nomina, un concorso truccato, una spartizione politica di una municipalizzata: perché scambiarsi di ruolo, generando dubbi nell’opinione pubblica?

Le tentazioni della rivolta si vincono solo con una adeguata dose di umiltà: anche il M5S ha sbagliato nel manovrare. Rifiutando alleati e ricompattando tutti gli altri. Non chiarendo subito e in modo inequivocabile che non gioca allo sfascio, che conosce l’importanza di un governo, che stava solo mettendo dei paletti.

Per carità, gli errori ci stanno, soprattutto in un movimento giovane come M5S. Bisogna saperli accettare, e trarne degli insegnamenti. Perché il gioco si sta rivelando più sottile, più complicato di quanto si pensava. Ma la rivoluzione civile e democratica è appena cominciata.

 

Strategie contro la crisi economica

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Sul Sole 24 Ore di oggi analizziamo le varie strategie che vengono proposte per battere la crisi economica.  Mi fa piacere ri-postare qui l’articolo, ma confesso che, a differenza del mio co-autore, speravo in un quadro politico più propenso al cambiamento.

Perché (a parte il default e l’uscita dall’Euro, soluzioni triviali e dolorose) c’è una sola strategia efficace contro la crisi. Ma oggi si scontra con un problema politico insuperabile: lo stesso di ogni epoca, lo stesso che sconfisse Archimede

 

L’insostenibile leggerezza di Renzi

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Renzi è andato vicino all’incarico di premier già questa volta, e molti pensano che presto lo diventerà. Ma qual è il fondamento della sua auto candidatura? Vuole guidare l’Italia, verso dove?

Riporto dalla sua intervista su Repubblica del 22 Aprile, Renzi: “Il Pd dica che governo vuole, eviti le formule. La smetta con gli aggettivi e inizi con i sostantivi. Si faccia avanti con le sue idee, e le imponga al nuovo governo”.

Tito: “Lei ha qualche suggerimento?”

Renzi: “Basta con le discussioni tecniche, basta annunciare provvedimenti di legge che poi non si realizzano mai. Bisogna semplificare e sburocratizzare. Nei primi cento giorni di governo si semplifichi la normativa sul lavoro…”

Tito: “Vuole misure più liberiste?”

Renzi: “Io voglio qualcosa che crei più occupati, che consenta ai giovani di trovare lavoro.”

Se un asino potesse ragliare di economia, non farebbe peggio. Renzi non sa che i liberisti hanno fallito, che la loro ricetta contro questa crisi non funziona, che in tutto il mondo, e persino sul Sole 24 Ore e sul Corriere della Sera sono derisi e in piena retromarcia, già dall’anno scorso? Nessuno osa criticare Renzi perché è l’astro nascente dal quale dipenderanno molte carriere. Ma nell’interesse del Pd e del paese bisogna che qualcuno gli spieghi alcune cosette. Scegliendo Luigi Zingales (Chicago University, stimabile microeconomista finanziario ma scarso macroeconomista) come autore del suo programma economico, ha scelto l’economista sbagliato nel momento sbagliato. Non si è accorto che persino Mario Monti verrà tenuto lontano dai ministeri economici, a causa dei danni che ha fatto?

Non ha ancora capito, dopo 5 anni, (non che l’eccesso di burocrazia è buono! Ma) che siamo di fronte a una crisi della domanda, per risolvere la quale ‘sburocratizzare’ ed altre politiche dell’offerta non servono a nulla? Lo rispiego. Le imprese non assumono perché non vendono i loro prodotti e hanno fin troppi dipendenti, non perché hanno di fronte ostacoli burocratici all’assunzione.

E invece:

Renzi: “Aboliamo le province, abbattiamo le burocrazie, organizziamo una lotta all’evasione fiscale a tutto campo”.

La lotta all’evasione è moralmente giusta ma non affronta minimamente la crisi della domanda. Non c’è nulla di meglio, per fregare gli elettori, che dire cose giuste (e banali). O anche sbagliate:

Tito: “Vuole l’elezione diretta (del Presidente della Repubblica)?”

Renzi: “Perché no? ”

Un giorno, uno si sveglia, e propone una cosa populista. Al diavolo gli equilibri costituzionali, sui quali hanno sudato per tre anni i padri costituenti, al cui studio dedicano la vita i costituzionalisti.

Renzi: “Non credo ci sia nulla di male…”.

Tutta la teoria liberale dello Stato, su cui si fondano 250 anni di democrazia occidentale e di libertà, messa da parte in un secondo (non dall’elezione diretta, che in opportuni contesti istituzionali si può fare, ma) dalla superficialità del nuovo ‘nuovista’ nostrano. Renzi chiede al Pd di mettere in campo una sua ‘visione’, ma la verità scomoda è che lui non ce l’ha. Tipico dei sindaci che immaginano di governare un paese come un ente locale, in scala più grande: deludono sempre. Ricordate Veltroni e Rutelli, bravi sindaci, modesti politici nazionali? Ma quelli almeno erano prudenti. Questo rampa: perciò è pericoloso.

Francamente, non sento il bisogno di un altro bravo venditore tutto comunicazione zero sostanza, tutto ‘tattica’ ma senza strategia. Possibile che gli italiani, dopo un ventennio Berlusconiano, dopo i fallimenti di Veltroni, non hanno capito che per risolvere i problemi seri ci vuole gente di spessore, gente che sa cosa dice, e tace quando non sa? Renzi mi ricorda il presentatore Cecchetto, ve lo ricordate? Non diceva niente, ma lo diceva in fretta. Non ce l’ho con Renzi per partito preso: vi dirò che ho trovato bellissima la sua lettera a Repubblica sul rapporto fra religione e politica. Ma gli amici non sono adulatori!

E c’è anche un problema morale. In Italia c’è gente che muore per la patria (i sindaci antimafia, ecc.). E ci sono sei milioni di italiani perfettamente qualificati per lavorare, che non trovano lavoro, perché i politici non sono capaci di concepire politiche economiche in grado di mantenere il sistema vicino alla piena occupazione. Ma non sono neppure capaci di fare un passo indietro, e assegnare gli incarichi in base alla capacità di risolvere i problemi. Che etica è mai questa? Che credibilità hanno, dunque, le promesse di mettere fine alla politicizzazione generale di tutto?

Lo dico anche nell’interesse del d: continuando a collezionare fallimenti ci si autodistrugge. E senza una strategia valida, una visione corretta del come uscirne, per quanto abili si possa essere tatticamente, il fallimento è inevitabile. Renzi sta crescendo, è vero, ma non abbastanza in fretta. Perciò, per rispetto verso i suoi concittadini, studi molto ma molto di più, prima di candidarsi a premier.

NB – Per un errore della redazione, questo post è stato pubblicato ieri privo del grafico e della parte successiva allo stesso. Ce ne scusiamo con i lettori e con l’autore

La crisi si risolve con la democrazia

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Due anni fa di questi tempi pranzavo con un alto dirigente pubblico, economista, di area Pd, già vicino a Veltroni. Parlavamo di economia. Facevo presente come il rialzo dei tassi d’interesse, in corso, reagiva a un rialzo transitorio dell’inflazione, e deprimeva inutilmente l’economia europea. La Bce, ignorando la stabilità della ‘core inflation’, stava ripetendo lo stesso errore del luglio 2008, rischiando di provocare una crisi finanziaria del debito sovrano. Facevo inoltre presente che l’austerità che investiva l’Europa era autolesionista: avremmo dovuto fare come Obama.

Il mio commensale riteneva invece ‘naturale’ per una banca centrale reagire all’inflazione. Quanto agli Usa, il loro deficit pubblico, intorno al 12% del PIL, era ‘una follia’ irresponsabile, i cui risultati catastrofici si sarebbero visti nel giro di due o tre anni. Questa discussione è simile a molte altre avvenute fra economisti keynesiani e liberisti in questi anni. Ora abbiamo i dati. Vediamo com’è andata.

Metto a confronto tre paesi che all’inizio della crisi si trovavano in condizioni simili di finanza pubblica. Il primo, gli Usa, ha una sua moneta e una banca centrale non liberista che ha attuato politiche monetarie espansive. Inoltre ha realizzato un moderato stimolo di bilancio: quando il deficit è schizzato all’8% a causa della crisi, invece di fare austerità ha aumentato la spesa pubblica e ridotto le tasse, portando il deficit oltre il 10%. Il secondo paese è il Regno Unito: come gli Usa, ha una moneta e una banca centrale indipendente, non troppo liberista. Ma nel 2010 il governo conservatore ha impresso al bilancio una svolta di austerità: meno spesa pubblica. Il terzo paese, la Spagna, non ha sovranità monetaria; la Bce ha una visione ‘liberista’ della politica economica. E i Trattati Europei le hanno imposto fin dall’inizio politiche di bilancio restrittive.

Risultati. Com’è noto, negli Usa la disoccupazione è al 7,5%, in Europa è al 12,1%, in Spagna al 28%: moltissimi paesi Europei sono oggi in profonda sofferenza. Ma com’è andato il risanamento fiscale? Vediamo. Intanto i tassi d’interesse Usa sono sempre rimasti bassissimi, né c’è mai stata traccia del panico finanziario che ha travolto l’Europa. Perciò non è vero che i mercati finanziari vogliono l’austerità.

La tabella qui sotto mostra i deficit pubblici. La Spagna ha subito cercato di contenere i deficit, senza fare molto meglio degli Usa. All’epoca, due punti di deficit in meno sembravano importanti. Con il passare del tempo, tuttavia, la contrazione della base imponibile ha impedito alla Spagna di rispettare i programmi di rientro. Gli Usa viceversa sembra che non facciano nulla per correggere il deficit: tuttavia nel 2012 c’è il sorpasso nei confronti della Spagna. Il deficit spagnolo nel 2012 sarebbe anzi 10,4%, ma ho escluso il costo del salvataggio delle banche.

deficit

Quanto al Regno Unito, fino al 2010 evita le politiche di austerità e ritrova la crescita, più o meno in linea con gli Usa. Ma nel 2010 Cameron impone l’austerità: il deficit 2011 scende al 7,9%. È una scelta lungimirante? Nonostante la svalutazione della sterlina e il quantitative easing della Bank of England, l’economia va in stallo, le prospettive della finanza pubblica precipitano: e nel 2012 anche l’Uk subisce il sorpasso Usa.

Il grafico qui sotto mostra l’andamento del debito pubblico nei tre paesi considerati. Debito pubblico? Non proprio. È il rapporto fra Debito e Pil! I valori decisivi sono due! Il grafico mostra come l’austerità spagnola riesca in un primo tempo a contenere l’aumento del Debito/Pil più degli Usa, a prezzo di grandi sacrifici. Ma nel lungo termine la ‘follia’ degli Usa paga, grazie all’aumento del Pil. Il grafico riporta le previsioni ufficiali: ma le stime Usa continuano ad essere riviste in meglio, le stime della Spagna in peggio. Vedremo.

 debito pubblico/pil

 

 

 

 

 

 

 

Conclusione: gli Usa hanno battuto la crisi fiscale con politiche monetarie e fiscali espansive. L’Uk ha limitato i danni dell’austerità grazie alle politiche monetarie espansive. La Spagna del rigore è andata peggio di tutti, anche per il rifiuto della Bce di fare il prestatore di ultima istanza.

Il mio commensale fa parte di quell’élite che dirige il paese, interviene, pontifica, fa e disfa. Pur avendo dimostrato la propria inadeguatezza di fronte alla crisi, non pensa affatto di avere delle responsabilità. Il nostro fallimento io lo riconduco alla mancanza di democrazia: l’élite non si discute. Prendete Napolitano: ha sbagliato tutto, ma non ne ha colpa. Nel 2011 ha sostituito un governo Berlusconi disastroso con un governo di alto profilo, ma ha scelto per presiederlo l’economista più noto, quello sbagliato. Il Presidente si consulta con la Banca d’Italia, l’Istat, la Bce, cioè con i vertici istituzionali. Che lo han consigliato male! Ora, Letta e le larghe intese sono il frutto dell’assenza di una visione alternativa su come sia davvero possibile uscire dalla crisi presto e bene. Ciò chiama in causa i media: Floris, Vespa, Santoro… che invitano sempre quelli che hanno sbagliato tutto, senza un minimo di controllo di qualità. E il Pd: ormai unico baluardo italiano a difesa delle regole suicide dell’Eurozona. E il M5S: che non ha dato spazio politico a questa visione alternativa. E la Bce, la peggiore banca centrale del mondo.

In democrazia – non solo in democrazia – un’élite che presenti risultati così devastanti sarebbe derisa, dileggiata, e cacciata via su due piedi. Ma non per essere sostituita dal primo che passa… Da noi invece l’élite non si critica, se non con il dovuto garbo e una cortina fumogena davanti. Così essa può continuare a celare la sua incompetenza. Nel film 11 Settembre 1683 un principe cristiano chiede al re di Polonia: “Ma perché insistete nel volere il comando?” E il re risponde: “Perché io so come vincere questa battaglia”. Questa è l’unica scusante, l’unica giustificazione morale dei privilegi del potere. In caso contrario il potere è moralmente illegittimo.

 

Stampare denaro per uscire subito dalla crisi

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Il rapporto Istat appena uscito prefigura un crollo di civiltà: la percentuale di concittadini in stato di ‘grave deprivazione’ vola al 14,7. In soli sei anni il Pil pro capite è sceso dell’11,5%; nella graduatoria internazionale l’Italia passa dal 31° al 45° posto. Anche il futuro è stato ipotecato: calano infatti la ricchezza (-12%), gli investimenti pubblici (dal 4 al 2,9% del PIL), la capacità produttiva (-16% nell’industria), gli studenti universitari (-17%); crescono il debito pubblico, il debito estero netto (28% del PIL, sul quale l’Italia paga 12 mld. di interessi l’anno), i giovani senza lavoro (57% fra disoccupati e scoraggiati). Perciò è essenziale a questo punto dire la verità.

La crisi non dipende dai nostri vizi storici, bensì – lo dicono i dati – da uno straordinario, diffuso timore di spendere i soldi. Per uscirne non è perciò necessario ‘cambiare gli italiani’ o la struttura economica: la depressione della domanda, notoriamente, si cura sostenendo la domanda. Terapia tutt’altro che difficile: basta spendere soldi; e i soldi … si stampano.

Ma noi abbiamo consegnato le leve macroeconomiche all’Europa. E i Trattati Europei – concepiti per combattere l’inflazione (l’eccesso di domanda) – offrono ai liberisti europei un inopinato potere di veto su tutto ciò che di significativo si potrebbe e si dovrebbe fare. Perciò resta il problema di fondo “noto e così riassumibile: l’Italia deve rimanere credibile sul terreno dei conti pubblici… Ma deve dare prova concreta di discontinuità in chiave pro crescita” (Guido Gentili). Cioè: deve alimentare la spesa, ma non ha i soldi per farlo.

Per uscire dall’impasse ci sono tre strade. La prima è cambiare consensualmente le politiche economiche dell’Eurozona. Non basta diluire l’austerità: occorre rovesciare le politiche economiche nel cuore dell’Europa. Ma né i partiti né il governo, a parte lamentarsi, hanno ripreso ed avanzato nelle sedi europee le proposte degli economisti in questo senso:

  • La liquidità immessa nel sistema finanziario non passa all’economia reale? La BCE distribuisca base monetaria ai governi, che la usino per aiutare i poveri e finanziare lavori pubblici nelle zone ad alta disoccupazione.

  • La BCE alzi il target di inflazione e favorisca una rapida crescita dei salari tedeschi: gli squilibri di competitività rientreranno, senza dolore per nessuno.

  • I paesi con più margini di manovra fiscale rilancino la domanda interna con il deficit spending: la depressione finirà.

In ogni caso, la Germania ha sempre risposto picche; e continuerà a farlo. Per indurla a trattare seriamente non basta il crollo dei fondamenti teorici dell’austerità, o l’evidenza empirica: bisogna cambiare i suoi incentivi politici.

La seconda possibile via d’uscita è lasciare l’Euro, e/o ristrutturare il debito. Bisognerà cominciare a parlarne: essa offre sicuri benefici (la fine della depressione), non è vero che il PIL cadrebbe del 30%; ma comporta anche rischi e costi elevati.

Ci sarebbe una terza via, percorribile su base nazionale, che è sfuggita all’attenzione mediatica, e che consentirebbe di uscire dalla crisi ‘a velocità giapponese’. Bisogna però essere disposti ad approfittare di un clamoroso vuoto della normativa europea. E violare lo spirito, non la lettera, dei Trattati. Come ha fatto finora la Germania, scambiando la ‘cultura della stabilità’ con ‘la cultura della depressione’. Eludere le regole senza lasciare l’Euro riaprirebbe anche il negoziato sull’Eurozona.

Per realizzare una simile strategia ci vuole però un quadro politico assai più propenso all’innovazione, desideroso di sfidare l’ortodossia liberista. Capace di alzare la qualità della proposta, ed offrire all’Europa un nuovo paradigma, nel dimostrabile interesse anche del popolo tedesco. Si può fare. Perciò si deve fare.

NB: Questo articolo è uscito oggi sul Corriere della Sera con il titolo: “Contro la crisi, stampiamo denaro”.

 

 

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